“Tendi la tua mano al povero”

Nella Sacra Scrittura i poveri non sono solo coloro che vivono il dramma dell’indigenza materiale, della fame e della sete, ma sono anche gli oppressi e gli affaticati di cui parla ampiamente il Vangelo di Matteo. Sono gli oppressi da una religione formalista proposta da quelli che impongono pesi insopportabili alla gente ed essi non li muovono neppure con un dito. Gli oppressi e affaticati sono la povera gente, spesso ignorante e per questo incapace di conoscere e di osservare la legge. A questi poveri, oltre che a tutti coloro che hanno necessità materiali, Gesù rivolge la sua attenzione. Nei Vangeli i poveri sono i peccatori, le donne, i bambini, gli ammalati, gli stranieri. Rispetto a tutte le intuizioni della ricerca umana sul problema della mancanza di beni, della sofferenza e della povertà, che travagliano il genere umano, la novità biblica è che Dio si fa povero. Non semplicemente Dio guarda ai poveri, ma egli si fa povero per amore dei poveri. Questo è l’amore preferenziale, che non si limita a fare discorsi sui poveri o ai poveri. Dio per amore si fa povero con i poveri e con questo dinamismo ci indica in modo inequivocabile che la più grande forma di povertà da cui nascono tutte le altre è il peccato, l’assenza di comunione con Dio. Dimenticare questo significa ridurre la carità cristiana a semplice filantropia. Allora se si vuole incontrare Dio bisogna non solo aiutare i poveri, ma diventare destinatari di questo amore di Dio mettendosi tra i poveri,

solo così potremo tendere le nostre mani senza ipocrisia. Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle.